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03/04/2009
Categoria: Notizie
     
IO…. PURTROPPO……. PENSO TROPPO

I1 mio amico Albino, ogni tanto, mi confida alcune sue riflessioni.
Molte di queste hanno il potere di innescare nella mia mente altre riflessioni... Ma recentemente sto scoprendo che, accanto a queste riflessioni, a questi pensieri della mente, un altro percorso parallelo mi si apre quasi sempre davanti, ed è il percorso del cuore. Un percorso che sovente il cuore vuole percorrere in solitudine, senza disturbi o sollecitazioni, per così dire, razionali...
Talvolta infatti, insegnano gli studiosi umili dell'animo umano, sono i pensieri a determinare o ad alimentare gli stati emotivi... e quando i pensieri non sono riflettenti la realtà può succedere che gli stati emotivi risultino incongrui, addirittura patologici, comunque fonte di sofferenza. Come aveva modo di affermare lo stesso Jung quando asseriva che "le sofferenze maggiori sono quelle che ci procuriamo non accettando quelle normali che ci riserva l'esistenza reale". E non le accettiamo perché appunto pensiamo che "non meritavamo questo o quest'altro", "proprio a me doveva capitare", "capitano sempre a me"...
Tal’altra possono essere gli stati emotivi non stabilizzati o pregiudizialmente strutturati a fare da terreno di coltura per pensieri negativi, giudicanti... creando così una sorta di circolo vizioso nel quale ci si sente intrappolati ed impotenti ad uscirne. In entrambi i casi si verifica una pericolosa reciproca contaminazione tra mondo del pensiero e mondo del sentimento, che sono due mondi unitissimi nella persona, ma distintissimi quanto a funzionamento. Aveva ragione quindi Pascal a tagliare corto dicendo che "il cuore ha delle ragioni che la ragione non capisce". E non capisce non perché è cretino, ma perché è fatto per altra funzione, quella di amare... così come la mente è fatta per pensare. Con un particolare sorprendente... che mentre sembra impossibile amare di testa, sembra invece possibile pensare col cuore...
Per tornare al mio amico Albino, così mi scrive recentemente:"Il tempo di avvento, ogni volta, quando arriva, mi riporta indietro negli anni, bambino, e facilita qualche riflessione interiore. Penso, ad esempio a quel mondo di allora perso per sempre dove predominava il TU, il NOI, il VOI. E’ la "prima persona" la malattia di cui si soffre oggi. La filosofia moderna trae vigore dal "cogito" di Cartesio, è un delirio, una pura illusione. Me ne convinco sempre più. Viviamo mondi chiusi nelle nostre case tutti a coltivare il proprio io. Ho maturato che la salvezza, nel senso più largo del termine, quella predicata dalla Chiesa come quella curata negli istituti psichiatrici, non è nell'io, nella prima persona, è nel TU. Da bambino, ricordo la morte come un evento collettivo, con i morti si continuava a parlare, ad interagire. Spesso mi capita ancora, e sono contento, di "ragionare" con mio padre. La scorsa settimana abbiamo visitato in ospedale un paio di persone in fase terminale. Ah, che tristezza! Oggi si muore soli, in prima persona, ospedalizzati, pieni di ver¬gogna e imbarazzo, nascosti dalla tendina, di falsa pietà messa dall'efficiente infermiera di fianco al letto. La morte mortificata, nascosta, negata... Certo non pretendo che diventi ostentazione, questo no! Ma... stanno morendo? Nascondiamoli, la morte non deve turbare la "prima persona" del vicino di stanza."
Potrà sembrare strano o curioso, ma questa riflessione mi ha fatto pensare a quante volte, abitudinariamente beninteso, nell'iniziare un discorso, una conversazione... esordisco con "io penso che..." ignorando se il cuore, nel percorso parallelo, si affianca alla mente con sentimenti congrui, e magari neppure ascoltandolo se e quando mi suggerisce amabilità... che è l'unica modalità a farlo funzionare bene (e lo riconosce anche la medicina psico-somatica). Mi viene in mente una frase di Gesù: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore"... e non "che sono bravo a ragionare". Mi viene anche in mente, garbatamente, che se Cartesio avesse detto, al posto del famoso "cogito, ergo sum"... "amo, ergo sum"... forse anche la filosofia moderna ne avrebbe tratto vantaggio. Mi viene in mente anche il titolo che una mia carissima amica suora clarissa di clausura, Chiara Serena, ha voluto dare ad una sua raccolta di "pensieri in liberta"... Il titolo è per l'appunto "Ascoltando il cuore". Ne trascrivo soltanto tre: "Stupore: sguardo vergine sulle cose". "Mio Signore, mio Dio! Desiderio bruciante e menzognero: perché la carne rifiuta ciò che al fondo ama? Ti amo e ti tradisco. Ti cerco e ti perdo. Ti invoco: ed è ancora l'io che, stolto, cerca sé". "Dio del mio esodo, tu sei Altro, tu sei oltre".

D’ora in poi, quindi, più ascolto del cuore che pensieri della mente, a meno che questi non vengano prima toccati dal cuore, altrimenti sono guai. Come dice Mark Twain: "Nella mia vita ho sofferto tante disgrazie... che non mi sono mai capitate". Così tanti guai portano i pensieri quando non sono congrui con la realtà o quando non sono scaldati dal cuore! Come sembra suggerire questa considerazione di Igor Sikorsky: "Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica aeronautica, il calabrone non può volare a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare".

di Gigi Avanti






     
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