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05/02/2008
Categoria: Pastorale Familiare
     
LA RELAZIONE DI DON ANTONIO MACRI'

 
D. Giovanni Pinto e D. Antonio Macrì


 
Foto di gruppo dei partecipanti


 
Le relazioni all'assemblea


 
L'eucaristia a conclusione della giornata


Il tema offerto dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale familiare della nostra Diocesi nel 1° incontro di formazione era: “Educare da cristiani in famiglia”.
Il relatore, Don Antonio Macrì, dell’Ufficio Naz.le della Pastorale Familiare, ha fatto una sintesi delle necessità e dei metodi pedagogici di cui la famiglia ha sicuramente bisogno oggi, ma, evidentemente, con un taglio cristiano. Le provocazioni erano dirette infatti agli operatori della pastorale familiare parrocchiale, cui viene demandato il compito di passare parola, di formare le famiglie cui sono mandati ad annunciare il Vangelo.
E’ partito da due considerazioni fondamentali:
a) la formazione cristiana della famiglia non può prescindere dalla sua esperienza quotidiana; la formazione è necessaria, come però è necessario che ciascuno si metta in gioco;
b) la celebrazione della giornata per la vita – come quella che si celebrava nell’attualità - non va fatta una volta l’anno, ma deve essere continuativa; occorre prendere a cuore la vita; ma ciò non solo per principio: è un prendersi cura della vita dalla sua formazione nel grembo materno alla sua naturale definizione per passare a quella migliore, di cui abbiamo speranza; anche questo è un percorso formativo-educativo, che ci riguarda da vicino.
Dobbiamo sentirci “protagonisti” nel e del progetto di vita che Dio ha posto in mezzo a noi.
Servire la via è anche ed essenzialmente educare i figli come cristiani alla via cristiana.
Prendendo spunto da una recente interpretazione della parabola del Buon Samaritano, così come offerta dal Card. Tettamanzi, Don Antonio ha illustrato come facilmente la famiglia di oggi può essere assimilata alla vita dei malfattori evangelici.
Sicuramente questi ultimi possono ben ravvisarsi nei guasti dell’era moderna; mentre chi vi passa accanto volt a volta può essere il sociologo, che affermerà il suo “non c’è più nulla da fare”; lo psicologo, con il suo “meglio che muore, essa è sede di disastri”; il prete, che alzerà l’indice con il suo giudizio di “perché ha consentito di giungere fino a tanto”.
Il Buon Samaritano, invece, sarà ben ravvisabile nel Cristo Gesù, che corre in aiuto della famiglia con il suo messaggio di salvezza, che porta anche a lei salvezza. Le locande, infine dove la famiglia potrà essere ricoverata, sono da considerarsi a) le altre famiglie; b) la chiesa.
Assistiamo oggi al grave fenomeno della educazione delegata; la famiglia non è più in grado o non c’è volontà di gestire l’educazione in famiglia. Quindi vi è una carenza educativa, che spaventa, perché i figli, ma anche ogni componente, vengono lasciati nelle spire educative di terzi estranei alla famiglia stessa.
Come uscirne? Come continuare a dare forza, fiducia e speranza ai genitori?
Da un canto dobbiamo avere la speranza che Gesù si prende cura della famiglia, per cui non dobbiamo disperare.
D’altro canto, la paraboa finisce con un “vai e fai anche tu lo stesso”! Dunque è necessario che ciascuno di noi assuma i suoi compiti all’interno delle locande come sopra individuate: nelle famiglie, nella chiesa.
Occorre che prendiamo coscienza del mandato che noi abbiamo ricevuto, quel “vai e fai anche tu lo stesso”! ossia di fare anche noi come il buon Samaritano.
Occorre che recepiamo quindi il messaggio forte che ci viene da queste considerazioni e lo rivolgiamo agli altri: l’educazione è necessaria e deve essere data dai genitori in famiglia; l’educazione cristiana, in particolare, è ancora possibile (non dobbiamo scoraggiarci) e la dobbiamo trasmettere; e dobbiamo invogliare i genitori cristiani a farlo.
Il messaggio di Gesù non solo salva, ma sprona ciascuno a salvare l’altro!
Sicuramente anche la nostra epoca soffre di una emergenza educativa. Noi dobbiamo cercare di uscire fuori da questa emergenza, pensando a come offrire i nostri strumenti educativi. L’educazione quindi la potremmo qualificare, a seconda delle sue fasi, in:
remota, dal fidanzamento al matrimonio;
prossima, dal matrimonio alla nascita del figlio;
immediata, dalla nascita del bambino alla sua infanzia;
permanente, dalla infanzia alla adolescenza e così via.
L’educazione “remota” la possiamo offrire innanzitutto nei corsi di preparazione al matrimonio.Qui occorrerà presentare ai giovani alcuni elementi fondamentali: a) l’esperienza della figliolanza (i giovani sono figli di quei genitori); b) la necessità del dialogo, con Dio, nella coppia, con gli altri; c) il discernimento, come sapienza delle scelte dei beni essenziali.
Quella “prossima” deve far leva sulla consapevolezza nella coppia della intima comunione del cuore dei due sposi, affinché siano davvero capaci di generare in comunione di amore; occorre in questa fase aiutare la coppia all’accoglienza della vita, nell’attesa del figlio; aiutare, in particolare, il maschio a sentirsi papà, già dai primi attimi del concepimento. E’ necessario aiutare i genitori, sin dai primi momenti del concepimento al concetto di educazione cristiana finanche del feto, che avverte il clima famigliare che gli sta intorno.
L’educazione “immediata” ci impone di dare forza e sostegno alla coppia nei momenti della crisi dopo la nascita del primo figlio, ma anche di ogni figlio.
Infine quella “permanente” ci sollecita l’attenzione sulle esperienze qualificanti dei figli, ma anche dei genitori: a) l’infanzia, con le sue domande, facendo leva essenzialmente sulla meraviglia dei bimbi, sullo stupore, che essi provano dinanzi alle esperienza che la vita offre loro; b) l’adolescenza, con la necessità di educare i ragazzi a prendere decisioni, formulando però noi ed i loro genitori, proposte valide ed alternative, sulle quali essi devono imparare a decidere.
Quali gli strumenti per fare tutto ciò?
Essenzialmente prendere coscienza che:
.- la famiglia è luogo e scuola di Pace;
.- la famiglia è luogo e scuola di Preghiera;
.- la famiglia è luogo e scuola di Accoglienza della fragilità;
.- la famiglia è luogo e scuola di Sobrietà e di Fiducia nella Provvidenza;
.- la famiglia è luogo e scuola di Vocazione.
E così passando ai figli simili indicazioni, dando loro le giuste motivazioni di tali strumenti educativi; spiegando loro i perché di tali scelte.
Occorre che i genitori acquisiscano la coscienza di poter essere felici e convinti di essere cristiani.
Solo così potranno ben “testimoniare” e quindi “educare” i figli, prima, e poi gli altri, alla vita cristiana.
Il relatore ha fatto poi un breve accenno alla necessità di “porsi in rete”. Ossia di creare una rete di esperienze educative, perché nessuno agisca per proprio conto ma dando ed acquisendo esperienze, confrontandosi con gli altri. E ciò vale tanto per le famiglie stesse, quanto per gli operatori, che come oggi, qui nel nostro caso, si pongono a confronto e danno ed acquisiscono idee, messaggi, novità, esperienze; ma anche forza, fiducia, speranza nel futuro.

Sono come si vede spunti di riflessione abbastanza forti, che sottoponiamo ben volentieri a coloro che ci seguono qui sul web, perché possano farne opportuno uso e tesoro, nelle loro esperienze di vita quotidiana, pastorale e famigliare.

r.p.






     
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